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CATEGORIE E TERRITORIO

UNA FOTOGRAFIA SUL PRESENTE E IL FUTURO DELLA FILIERA MODA.

Ne parliamo con il Presidente del Settore Moda di Confartigianato Como

Como, città a vocazione tessile. Le macchine, le collezioni, i disegni e le stoffe tracciano i fili di un settore tra i più blasonati al mondo.

Innovazione tecnologia, ricerca, evoluzione stilistiche e trasformazioni di alcune lavorazioni, per mantenere alta la qualità.

Poi arriviamo al 2020. Una pandemia ha colpito in modo durissimo proprio il comparto tessile e in particolar modo il distretto comasco. Ne parliamo con Lorenzo Frigerio, Presidente del settore Moda di Confartigianato e titolare dell’azienda Tessile srl che produce tessuti per l’abbigliamento.

 

Presidente Frigerio, riesce a tracciare un consuntivo di questo anno così particolare i cui effetti stiamo vivendo tuttora?

E’ stato un anno di grande riflessione. Non ricordo di aver vissuto altri periodi in cui tutto si sia fermato in modo letterale. Chiusi in casa, le aziende chiuse, relazioni di lavoro azzerate. Ci siamo trovati tutto d’un tratto ad avere tempo per riflettere, ma anche di far crescere timori e preoccupazioni, per gli effetti che questa situazione inedita potevano avere sull’economia e sulla vita sociale delle persone, a livello mondiale.

Ci sono stati momenti di sconcerto e di disorientamento. La paura ha preso il sopravvento sull’ottimismo, perché avevamo capito fin da subito che le ricadute negative di uno stop così prolungato sarebbero state consistenti.

 

Perché gli effetti della pandemia si sono sentiti particolarmente sul comparto tessile?

I fattori che hanno condizionato la congiuntura negativa del tessile sono diversi. Il nostro è un settore che vive di mercato interno ma anche internazionale. La nostra filiera è estremamente articolata e interconnessa e gli effetti positivi, o quelli negativi, ricadono su tutto il percorso della catena e su tutti i passaggi delle lavorazioni.

In particolare abbiamo pagato l’immobilità del commercio. Le vendite sono crollate, i buyers non compravano più i nostri prodotti, le collezioni sono state completamente sconvolte e i magazzini sono rimasti pieni di una produzione che ha subito gli effetti del tempo che scorreva inesorabile. Le relazione e gli scambi internazionali sono venuti a mancare immediatamente a causa della pandemia, le fiere sono state annullate così come i viaggi di lavoro. Non ci sono stati più eventi collettivi, i flussi turistici sono cessati d’un tratto. Praticamente un anno intero nel limbo, ha fatto scivolare il nostro settore verso un baratro da quale stiamo cercando di risalire con grandissima fatica.

 

Gli aiuti non sono stati sufficienti?

Sul fronte degli indennizzi, abbiamo più volte sollevato la questione della selettività e della scarsità delle risorse per le imprese della moda, che di fatto ne ha vanificato l’efficacia. Abbiamo chiesto interventi su diversi fronti, ma il fattore che ha limitato maggiormente il beneficio degli aiuti è stata la soglia minima del 30% delle perdite di fatturato per l’accesso ai contributi, che ha negato di fatto un sostegno concreto a tutto il comparto.

Ma al di là di questo, ritengo che sia mancata la tempestività degli aiuti, fin dall’inizio dell’emergenza, causando un concatenarsi di effetti negativi su tutte le attività, di produzione e del commercio. Credo di non essere smentito se affermo che il 2020 per il nostro settore, è stato uno degli anni peggiori dal dopoguerra.

 

Come avete cercato di ovviare a tutto ciò?

Io credo che ognuno di noi abbia messo in campo tutte le azioni possibili per contenere i danni e per trarre beneficio da questa trasformazione epocale.

Come ho detto, è stato un anno di profonda riflessione per il nostro mondo. Sulla velocità con cui il comparto moda stava percorrendo e, forse, bruciando le tappe di un cambiamento, che rischiava di sfuggirci di mano e, in qualche modo, stava offuscando alcuni valori che dovrebbero essere imprescindibili nel nostro modo di lavorare. In primo luogo la qualità del prodotto e del processo produttivo. I temi della sostenibilità legati all’economia circolare e a tutte quelle azioni che permettono di produrre in modo sempre più sostenibile. L’attività del Centro Tessile Serico di Como, in questo ambito, è di grande sostegno alle imprese del territorio, unitamente alle prove e analisi dei materiali.

I diversi lockdown, ci hanno fatto scoprire un nuovo modo di relazionarci con i nostri interlocutori. Le piattaforme digitali online chi hanno dato un grande aiuto nel mantenere saldi i rapporti, anche se nulla potrà sostituire il toccare con mano un prodotto, la sua confezione, la consistenza, l’esperienza sensoriale del tatto che valorizza la qualità del manufatto. Il sistema fiere continuerà ad esistere, in modo diverso certamente, ma rappresenterà sempre un veicolo formidabile per acquisire nuovi clienti e consolidare i rapporti in essere, anche sociali.

 

Quindi stiamo assistendo ad una nuova fase evolutiva della filiera?

La filiera stessa è sempre stata in continua trasformazione. Abbiamo assistito alla scomparsa di alcune attività che sono state sostituite da altre, ad alto contenuto tecnologico e innovativo.

La filiera ha sempre saputo cavalcare il cambiamento traducendolo in opportunità, ma di fronte ad un evento così imprevedibile, dovremo essere ancora più bravi a cogliere gli aspetti “positivi” di questa nuova mutazione genetica. L’articolazione stessa della catena, che va dai disegnatori tessili fino alla manutenzione dei capi attraverso le pulitintolavanderie, ha subìto nel tempo una naturale evoluzione senza patire strappi tali da compromettere la struttura portante della filiera.

Alcuni grandi gruppi internazionali del nostro settore, avevano già compreso l’importanza strategica della nostra filiera, terreno fertile per l’innovazione grazie alle grandi competenze che risiedono nel nostro mondo, oltre ad un’altissima qualità artigianale, un patrimonio che tutto il mondo ci invidia.

 

Come si mantengono vivi questi valori?

La formazione professionale e culturale nel nostro settore è uno degli elementi fondamentali per garantire continuità e futuro al nostro distretto. Da sempre il nostro comparto ha puntato sul ricambio generazionale delle competenze e delle conoscenze. Voglio ricordare che a Como c’è L’Istituto Tecnico di Setificio (Paolo Carcano), una realtà consolidata e insostituibile per il tessile-moda, i cui percorsi formativi rappresentano le fondamenta per costruire le nuove generazioni di tecnici, operatori e imprenditori, del settore. Poi c’è anche la Fondazione Setificio, di cui faccio parte, che rappresenta un punto di congiunzione importantissimo tra la scuola e il mondo del lavoro. Un elemento di mediazione che mette in stretta sinergia formazione e lavoro, rilevando in tempo reale i cambiamenti in atto e cercando di rispondere nel breve periodo, con soluzioni innovative e adeguate alle richieste dei mercati.

Il corso quadriennale di chimica, attivo presso il Setificio, è l’unico in Italia ed è il frutto di queste sinergie tra Istituto e Fondazione.

 

Quale messaggio vorrebbe dare agli imprenditori che stanno affrontando questo momento?

La situazione si sta a poco a poco normalizzando, nella speranza che si consolidi anche una ripresa economica che sappia compensare i danni che tutti abbiamo subito. Ci vorrà ancora tempo per rimarginare le ferite, ma con la grande forza di volontà che contraddistingue tutti gli imprenditori, sono sicuro che riusciremo a risalire la china. Questa esperienza, ha evidenziato ancor di più un aspetto, sul quale personalmente ho sempre puntato in qualsiasi condizione: “fare rete”. Un elemento fondamentale per il nostro settore. L’emergenza ci ha insegnato ancora una volta che gli obiettivi sono più alla portata di mano se si raggiungono condividendo le esperienze e le competenze. L’ambiente associativo, che frequento da anni, frutto del dna trasmesso da mio padre, grande sostenitore della rappresentanza e delle soluzioni che si trovano solo condividendo i problemi, ha spalancato in me orizzonti che difficilmente si possono aprire stando chiusi in azienda senza socializzare le idee, i problemi e le proposte.

L’invito che faccio a tutti i colleghi è proprio questo. Vivere in Associazione le proprie esperienze per condividere e crescere insieme come imprenditori e non solo.

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A cura di Fausto Basaglia